La morte del web.

Da tempo mi domando quale sia l’aspettativa di vita del web. Nulla è eterno e in questi ventidue anni su internet ho visto tanto “web” andar via per sempre.

Siamo tutti destinati a morire e con noi, le nostre vite digitali si vanno spegnendo pian piano (come diceva una canzone “uno solo ce l’ha fatta, ma era raccomandato“). La loro durata è, probabilmente, ancora non quantificabile [1] ma praticamente certa. Anche questo blog un bel giorno non esisterà più.

Alcuni anni fa entrai in possesso del diario di un mio bisnonno e di recente ho scoperto ne esiste un altro di uno dei miei nonni. Carta che ha oltre cento anni e che racconta ancora storie, ricordi, situazioni.

Queste pagine non hanno alcuna pretesa, ma il vecchio romantico che è in me, inizia a credere che anche i miei avi, un giorno, potranno avere la stessa curiosità.

Come far sopravvivere tutto ciò? Questo blog esisterà finché le tecnologie su cui si basa saranno disponibili, finché l’hosting e il dominio saranno rinnovati e finché qualcuno lo manterrà protetto da eventuali falle di sicurezza. I diari di carta, in questo caso, sembrano capaci di una longevità maggiore per via di una complessità inferiore.

La società mi sembra indifferente a problemi del genere: viviamo rinchiusi in social network che faticano a recuperare i post che abbiamo scritto 3 anni prima, figurarsi l’idea di conservare per sempre un diario. Buona parte di quel che scriviamo probabilmente non merita d’esser tramandato e per le grandi piattaforme del web odierno gli account inattivi, tanto quanto i vecchi post, sono un fardello inutile che non porta introiti. Non c’è ragione per cui preoccuparsi della loro conservazione. Persino Google sembra abbia smesso di indicizzare e mantenere nei suoi archivi il web che non è attuale.

Esistono servizi che tentano di conservare una traccia. La WayBack Machine, ad esempio, è una sorta di biblioteca del web: tutto quel che viene archiviato lì dentro è conservato nel tentativo di preservarlo nel tempo. Ho l’abitudine di segnalare quel che leggo ma so bene che quella biblioteca esisterà finché avrà fondi a sufficienza.

Forse, un bel giorno le blockchain (!), potranno garantire il mantenimento imperterrito dei dati ma al giorno d’oggi non è economicamente sostenibile trasferire una quantità di dati così grossa su quei database decentralizzati. Da un po’ di tempo sto riflettendo se non effettuare un backup su DVD di tutto quanto: audio, video, foto, testi e software utilizzato per il funzionamento di queste pagine nella speranza di avere un pro-nipote che un bel giorno sappia cosa fare (e trovi un lettore DVD ;-)).

E’ un limite non indifferente della nostra generazione. Un tempo era quasi inevitabile: un effetto collaterale del possedere un diario era che dopo la nostra morte, molto probabilmente, sarebbe stato letto da altri. Le nostre generazioni, che non scrivono più su carta dovranno accontentarsi di esser ricordate attraverso aneddoti tramandati per un paio di generazioni?

Forse un giorno, un menestrello, canterà una storia…

Emanuele

[1] Quanto tempo impieghi a dissolversi la traccia digitale di una persona morta dipende da tanti fattori: livello di presenza nella rete, qualità dei servizi sui quali si è presenti, politiche di conservazione dei dati e così via.

1 commento » Scrivi un commento

  1. è vero, non ci pensa quasi mai ma… sigh.
    Una volta esisteva un tool “back up blogger”, che risolveva solo (molto) parzialmente il problema.

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