L’Africa è anche colpa degli africani (e del caldo).

Questo è un discorso delicato e va preso con le pinze perché da il là a tutta una serie di persone che nell’Africa vedono solo inciviltà e una terra distante dal mondo dei soldi (o vicina al mondo dei soldi facili) ma credo sia dovuto per coloro che verso l’Africa provano compassione e ne vorrebbero il riscatto (e, probabilmente, di tutti i paesi in via di sviluppo simili ad essa).

Come sapete avevo difficoltà a dialogare, non ho mai studiato francese e le lingue locali erano arabo per me, così le volte in cui incontravo qualcuno in grado di parlare inglese lo spolpavo come farebbe un cane con qualsiasi osso dopo una settimana senza cibo. Sfruttavo le occasioni tanto che, più di una volta, gli altri del gruppo dovevano avvertirmi che era ora di andare.

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In una delle visite a Koungheul, dentro la scuola ho avuto la fortuna di incontrare un giovane insegnante. Ha frequentato l’università a Dakar, ha condiviso la stanza (una stanza) con altre sei persone per via dei costi degli affitti insostenibili e adesso è tornato dalle sue parti. Insegna ma è anche un ricercatore. E’ un pedagogista così mi sembrò la persona migliore (probabilmente – scientificamente – più preparata di me ad affrontare il problema) per parlare degli africani.

E qui viene la parte che forse qualsiasi innamorato dell’Africa vorrebbe non dover sentire o riferire mai: una parte della colpa dell’Africa è da attribuire agli africani stessi.

Quel ragazzo (che ha il mio indirizzo e-mail ma che purtroppo ad oggi non mi ha scritto e mi dispiace terribilmente) mi raccontava infatti che l’africano, molto spesso, non vuol far nulla per cambiare la sua situazione. Vive le giornate senza costruire più di tanto se stesso in prospettiva futura. E’ un fenomeno che avvertiva direttamente dai giovani che frequentavano le sue classi: molti di essi, nonostante non avessero altre scuse tardavano ad arrivare in classe.

Si smonta qui il mito della diligenza del bambino africano che in certi dibattiti europei suona spesso così: “se solo avesse un banco e una sedia studierebbe il triplo di un occidentale“. Tutto il mondo è paese e anche in Africa in tanti non vogliono studiare. Anche in Africa in tanti saltano la scuola senza particolari motivi. Tra l’altro, approfondendo meglio il fenomeno, quel ragazzo/insegnante mi spiegava che spesso le famiglie non spingono più di tanto i giovani a studiare ma… non li spingono neanche a trovarsi un lavoro. Semplicemente oziano sotto il sole.

Ho scritto “il sole“, perché io mezza analogia la vedo con la terra da cui provengo, la Sicilia. Un mondo in cui le cose non sono poi così diverse, vuoi per il passato dominato dagli arabi, vuoi perché il clima (non identico ma molto simile) porta per natura a star fermi. Questa è una cosa che il nordico (e spesso i politici che non comprendono le ragioni dell’arretratezza del sud ignorano) non può capire. Se il freddo ghiaccia le mani e bisogna coprirle, il caldo spinge l’uomo (l’animale!) a star fermo all’ombra. E’ una forma di sopravvivenza. La pressione tende ad abbassarsi, bisogna proteggersi dai colpi di sole e di calore… e – vuoi o non vuoi – tutta la società, il progresso e la cultura di una popolazione finisce per essere influenzata da un fattore climatico, qualcosa che sembra spesso così distante da ciò che si pensa sia frutto esclusivamente di una buona volontà.

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L’Africa (intesa come situazione sociale), così, non è solo colpa dello sfruttamento dei secoli scorsi o della mancanza d’acqua che oltre a non far bere non permette neanche la coltivazione (con cosa irrighi i campi se anche avessi 1000 semi in più da piantare?) ma anche di un fattore climatico e, consequenzialmente, di uno stile africano che non è portato all’iperattività.

L’insegnante, facendomi sorridere, mi raccontava che ai suoi alunni porta spesso come esempio proprio l’Europa. Diceva che se questo lato di mondo è così “civilizzato” (passatemi il termine, non esprime precisamente il concetto) è merito degli europei che la mattina si svegliano e sanno che devono studiare o lavorare sodo. Ovviamente per rompere il mito occidentale (a lui) ho fatto il discorso inverso. Tutto il mondo è paese e anche qui c’è chi non vuol studiare, chi a quarant’anni vive ancora sotto il tetto di mamma, chi cerca i soldi facili e non si preoccupa del futuro…

Continuando mi raccontava di come lui, nonostante fosse estate, quella mattina era venuto lì per studiare senza ascoltare gli inviti dei suoi amici di rimanere con loro a bere tè sotto una tettoia di paglia. Fortunatamente ho incontrato anche altri giovani (anche ragazze, che magari si pensa abbiano meno opportunità!) che come lui credevano nell’istruzione, nella cultura e nell’università come strada per l’emancipazione sociale. In ogni caso, dopo aver sdoganato questo mito nella mia testa – per deviazione professionale (anche se lo scoutismo non è una professione) – all’insegnante dicevo che molte delle sue conclusioni erano giuste e condivisibili ma che era importantissimo farle conoscere in giro. Gli ho chiesto perché non organizzasse con altri giovani attività extra-scolastiche, incontri estivi coi più piccoli e così via… tutti mezzi che – in Europa – funzionano non tanto per far scomparire i mammoni, quanto almeno per farli riflettere. Mi ha detto che ci stava pensando, che aveva l’incarico in quella scuola da appena un anno ma che era sua intenzione fare qualcosa (magari insieme ai missionari). Io, adesso, vorrei la sua e-mail anche per fargli forza in quest’avventura…

Emanuele

5 commenti » Scrivi un commento

  1. Ciao Manu, ho letto tutti i post sulla tua avventura in Africa; mi sono piaciuti molto quelli in cui tu parli del tuo impatto con le loro abitudini, con le stranezze (per noi) della loro vita come quella di lavorare al buio; mi è piaciuto quello in cui parli della tua serata 😉 ed ho pensato a quello che ci eravamo detti qualche mail fa e mi ha fatto molto piacere che tu sia riuscito ad andare oltre il “solito Manu”.
    Condivido meno i post in cui parli dell’Africa come di un’entità precisa e,anche se hai tu stesso detto che non si può parlare di una sola Africa, dai tuoi commenti sembra ci sia solo quella che hai visto in queste settimane.
    Ho provato a pensare ai miei amici africani che vivono qua, se dovessero scrivere dei post sull’Italia potrebbero parlare con cognizione di causa solo di quello che hanno vissuto in Veneto e ancor di più nella provincia di Treviso ma credo che inquadrare L’Italia nel Veneto sarebbe sminuente (anche se qualcuno ci sta provando da anni 😐 ).
    Spero di capire, nei tuoi prossimi post, cosa ha fatto a te l’Africa, come ti sta cambiando eccetera eccetera.
    Lo sai che sono sempre la solita “rompola” 😆
    Robi

    • Ciao robi… in effetti devo dirti che mi mancava un tuo commento. Sai, in questi giorni ho notato che quando si scrivono/scrivo cavolate, i commenti volano in una maniera indescrivibile, quando provo invece a raccontare qualcosa di più interessante probabilmente, tutto tace. E’ un peccato che si debba rimanere sotto una certa soglia per avere un dialogo…
      Comunque, inciso a parte, devo dirti che – in realtà – io ho ben chiaro che questa visione dell’Africa è dettata esclusivamente dalla mia esperienza. Forse l’ho specificato poco ma è chiaro che l’Africa è talmente vasta che non si può definire una verità assoluta, soprattutto quando la si vive solo per una fettina e per poco tempo. Queste sono le conclusioni del mio viaggio, non di “qualsiasi viaggio in Africa” e non mi stupirei neanche di sentire l’esatto contrario da parte di qualcuno che visita un altro angolo. E’ “la mia Africa”, non è Wikipedia questa. Forse, ripeto, l’ho specificato con poco impegno… ma mi è chiarissimo!
      Per il resto, per quella serata (che ha cambiato poi il resto del viaggio…), posso anche dirti che prima di convincermi ho pensato anche ai nostri discorsi. E posso dirti che sto vivendo un periodo in cui cerco di “darmi ragione” meno possibile. 😀 In pratica mi metto il più possibile in discussione… e così anche questo mi ha spinto a vedere tutto sotto un’altra prospettiva e buttarmi anche in quella che, alla fine, è rimasta un’esperienza di una settimana (e neanche da dimenticare devo dire! :roll:). Ci riuscirò, pian piano, a cambiare… lo sai che se c’è una cosa che mi piace fare, quella è lavorare su me stesso! 🙂
      Ciao,
      Emanuele

  2. Come avrai capito, i miei tempi, a volte, sono lunghetti… 😛
    Ho bisogno di ascoltare, leggere, prima di aprire bocca.
    E poi mi piace anche ascoltare senza per forza dover dire la mia.
    Quindi anche qundo “non mi vedi” ricorda che ti leggo, ti ascolto e poi, qundo sento che è il momento di dire la mia, parlo.
    Sono contenta che i nostri discorsi abbiano influito, positivamente a quanto pare, sugli eventi.
    Come tu aiuti me, fa piacere sapere che un piccolo contributo lo sto dando anche io nel tuo percorso.
    Notte, e speriamo sia l’ultima con questo caldooooo! 😕
    robi

  3. Il fatto che ci sia meno gente che scrive potrebbe non voler dire che c’è meno gente interessata.
    Se l’argomento è serio le persone sentono di dover rispondere con serietà ma alle volte sembra di non aver conoscenza o esperienza sufficiente per “dire la propria”. Ma proprio perché su certi argomenti ci si sente meno ferrati c’è più voglia di leggerne dagli altri.

    Io magari mi sento un po’ ignorante sul tema perché in Africa non ci sono mai stata e non mi piace rispondere ad un’esperienza diretta con della teoria. Però mi piace molto leggere la tua esperienza e provare ad “essere un po’ in Africa” attraverso le cose che scrivi.

    Insomma, l’utilità e l’interesse per un post non credo dipenda solo dal numero di commenti ‘visibili’ che ci sono riportati sotto. Come diceva la volpe al piccolo principe “l’essenziale è invisibile agli occhi” 🙄

  4. Robi, infatti il discorso non era riferito a te… ero quasi certo che prima o poi avresti detto la tua!
    Tiziana, il tuo commento è condivisibile al 100%, non sempre si è in grado di discutere di un argomento senza tirare in ballo supposizioni e teorie fondate sul sentito dire. Però… anche quello non è male alla fine: si ha la possibilità di rivederle, di smontarle o rafforzarle. In ogni caso la mia critica va ben oltre questo caso specifico. L’Africa, ovviamente, è un argomento complesso e delicato… ma tante volte, anche su argomenti ben più vicini (politica? attualità?) ho visto difficoltà nell’instaurare un dialogo. Forse è anche una mia attitudine personale, non so… ma – anche a costo di sparar cavolate che mi verranno bollate – provo ad avere un’opinione. Non sto dicendo che sia sempre giusto ciò che dico ma credo che il dialogo possa solo e sempre arricchirmi (se fatto in maniera intelligente).
    Comunque sapere che, nonostante il silenzio, qualcuno trova questi post interessanti è già una bella notizia. Non tanto per me… quanto perché è bello poter donare qualcosa agli altri.
    Ciao,
    Emanuele

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