Abbà.

Alice a Dicembre ha compiuto un anno e da qualche settimana ha iniziato a riferirsi a me con un suono che ricorda il termine giudaico. Vivo questo richiamo come sugello definitivo al mio status attuale.

Questi anni stanno correndo veloci e – al contempo – sempre più intensa è la consapevolezza che questi momenti non torneranno più. Probabilmente Alice sarà l’ultima figlia (siamo a tre, van bene così…) e ogni suo traguardo sarà l’addio ad una fase che tra le mura di questa casa e le abitudini di questa famiglia non tornerà nuovamente.

Mare in inverno con una barchetta che lascia il porto e nuvole sparse ma serene

Vivo in una costante altalena in cui da un lato vorrei che anche lei crescesse presto per liberarci da alcune fatiche mentre dall’altro potesse farci godere della giovinezza (sua e nostra) ancora per molto tempo.

E’ uno strano saluto col quale non sapevo di dover fare i conti e al quale non ho badato mentre osservavo crescere le altre due sorelle (c’era sempre spazio, potenziale, perché arrivasse una nuova vita a casa).

Abbiamo trascorso la fine del vecchio e l’inizio del nuovo anno in una casa con una grande terrazza sul mare. Il meteo clemente ci ha permesso di far colazione respirando il vento dell’Africa e la sera osservare il lento rientro dei pescherecci. Quei due momenti così diversi, davano ordine e ritmo alle nostre giornate tutt’altro che quiete.

Il mare è vita e d’inverno ti trascina verso emozioni molto diverse. Il mare, non ha mai sosta. Ho passeggiato scalzo sulla sabbia cercando il più possibile di rimanere collegato con il presente, ho osservato l’acqua da vicino mentre qualche gabbiano cercava di che sopravvivere e le bambine dei nuovi strumenti con cui disegnare sulla battigia.

In quel momento fermo, immobile ed infinito, mentre il nostro riflesso si intravedeva su quella massa – trasformandoci in un tutt’uno – ho sentito il mare commentare «guarda che onde alte oggi».

Emanuele

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