“Oceano mare” di Alessandro Baricco.

Oceano Mare - Baricco - copertinaCi sono libri che sono come una zattera per un naufrago. Per quanto tu possa tentare altre strade, l’unica soluzione è accettare di dover convivere con lei fino alla fine. Oceano mare, per me, è stato così. Ho trovato una zattera la settimana scorsa, vagando tra parole non mie. Ho sentito immediatamente di doverne completare il quadro. Una bella citazione, quando ti rapisce, non puoi lasciarla decontestualizzata: dovevo conoscere di più, dovevo scoprire di più. Dovevo avere quel libro e raggiungere la parola “Fine”.

Sembra che il periodo, per lo stile narrativo, non sia dei più propizi. Anche Baricco, dopo De Luca, ha uno stile abbastanza sui generis nel portare avanti i dialoghi o le descrizioni. All’inizio ti da quasi fastidio, non sai se sia stata una scelta saggia avventurarsi in pagine simili. Col tempo però, come per tutti i rapporti coltivati con difficoltà, ci si affeziona in una maniera indescrivibile e – stamattina – ad un giorno dalla fine del libro, quasi, mi manca.

E’ bravo Baricco. E’ bravo perché Oceano Mare è un romanzo che non sembra tale. E’ bravo perché a tratti ti sembra d’avere davanti un giallo e, in certi punti, credi d’aver di fronte poesia, antologia.

La cosa buffa, alla fine del viaggio, è scoprire come la citazione che ti aveva catapultato in quel mondo, non fosse neanche il perno cardine dell’intera storia. Succede. Uno si fa dei sogni, roba sua, intima, e poi la vita non ci sta a giocarci insieme, e te li smonta, un attimo, una frase, e tutto si disfa. Così, quel pezzo, per quanto bello, per quanto – per milioni di motivi – possa anche rispecchiare qualcosa che ho dentro, non è neanche ciò che ricorderò con maggior affetto.

Per verificare se anche in voi scatta la molla, vi ripropongo ciò che lessi io, lasciandovi il piacere – perché di piacere si tratta – di scoprire quant’altro di bello potrete tirar fuori da Oceano mare.

Posa la penna, piega il foglio, lo infila in una busta. Si alza, prende dal suo baule una scatola di mogano, solleva il coperchio, ci lascia cadere dentro la lettera, aperta e senza indirizzo. Nella scatola ci sono centinaia di buste uguali. Aperte e senza indirizzo. Ha 38 anni, Bartleboom. Lui pensa che da qualche parte, nel mondo, incontrerà un giorno una donna che, da sempre, è la sua donna. Ogni tanto si rammarica che il destino si ostini a farlo attendere con tanta indelicata tenacia, ma col tempo ha imparato a considerare la cosa con grande serenità. Quasi ogni giorno, ormai da anni, prende la penna in mano e scrive. Non ha nomi e non ha indirizzi da mettere sulle buste: ma ha una vita da raccontare. E a chi, se non a lei? Lui pensa che quando si incontreranno sarà bello posarle sul grembo una scatola di mogano piena di lettere e dirle –Ti aspettavo. Lei aprirà la scatola e lentamente, quando vorrà, leggerà le lettere una ad una e risalendo un chilometrico filo di inchiostro blu si prenderà gli anni –i giorni, gli istanti– che quell’uomo, prima ancora di conoscerla, già le aveva regalato. O forse, più semplicemente, capovolgerà la scatola e attonita davanti a quella buffa nevicata di lettere sorriderà dicendo a quell’uomo –Tu sei matto. E per sempre lo amerà.

Tratto da “Oceano Mare” di Alessandro Baricco

Un giorno anch’io – forse – ne riderò per un giorno e mezzo. Per capir questo però dovrete vivere il mare anche voi.

Emanuele

10 commenti » Scrivi un commento

  1. “…poi su quella faccenda delle lettere, non era più tornato, limitandosi a verificare che la scatola di mogano era sempre lì,…e solo Dio sapeva se qualcuno l’aveva mai aperta.Succede.Uno si fa dei sogni, roba sua, intima, e poi la vita non ci sta a giocarci insieme, e te li smonta, un attimo, una frase, e tutto si disfa. Succede. Mica per altro che vivere è un mestiere gramo.Tocca rassegnarsi…”

    p.s. a me piacciono le preghiere di padre pluche 🙂

    • Si, il capitolo su Padre Pluche è proprio bello… c’è il discorso a Dio bellissimo, quello subito dopo la “Preghiera per uno che si è perso, e dunque, a dirla tutta, preghiera per me “:

      Adesso non per sminuire, ma dovrei spiegarvi questa cosa, che è cosa da uomini, e non è cosa da Dio, di quando la strada che si ha davanti si disfa, si perde, si sgrana, si eclissa, non so se avete presente, ma è facile che non abbiate presente, è una cosa da uomini, in generale, perdersi. Non è roba per Voi. Bisogna che abbiate pazienza e mi lasciate spiegare. Faccenda di un attimo.
      Innanzitutto non dovete farvi fuorviare dal fatto che, tecnicamente parlando, non si può negarlo, questa strada che corre scorre soccorre, sotto le ruote di questa carrozza, effettivamente, volendo attenersi ai fatti, non si disfa affatto. Tecnicamente parlando. Continua diritta, senza esitazioni, neanche un timido bivio, niente. Dritta come un fuso. Lo vedo da me. Ma il problema, lasciatevelo dire, non sta qui. Non è di questa strada, fatta di terra e polvere e sassi, che stiamo parlando. La strada in questione è un’altra. E corre non fuori ma dentro. Qui dentro. Non so se avete presente: la mia strada. Ne hanno tutti una, lo saprete anche voi, che, tra l’altro, non siete estraneo al progetto di questa macchina che siamo, tutti quanti, ognuno a modo suo. Una strada dentro, ce l’hanno tutti, cosa che facilita, per lo più, l’incombenza di questo viaggio nostro, e solo raramente, la complica. Adesso è uno di quei momenti che la complica. Volendo riassumere volendo, è quella strada, quella dentro, che si disfa, si è disfatta, benedetta, non c’è più. Succede. Credetemi. E non è cosa piacevole.
      No.

      E poi continua il capitolo… lo copierei tutto dannazione. 🙂
      Ciao,
      Emanuele
      PS: ma non dovevi scrivermi un’e-mail? 😮

  2. Baricco è bravissimo, ha uno stile molto particolare, ma quando ci si abitua trasmette davvero tantissimo e ogni volta che rileggi anche solo una frase ha un significato diverso (succede sempre, ma trovo che con Baricco questo sia più evidente). Ti consiglio “Castelli di rabbia” e “Novecento”, sono stupendi!! Nel caso li leggerai, poi fammi sapere cosa ne pensi! 🙂

  3. Uhm, Laura, proverò il primo. Novecento lo adoro perché ha dato vita a quel film capolavoro che rivedrei n-volte senza stancarmi…! Grazie! 🙂
    Ciao,
    Emanuele

  4. ”Sulla labbra della donna rimane l’ombra di un sapore che la costringe a pensare “acqua di mare, quest’uomo dipinge il mare con il mare” – ed è un pensiero che dà i brividi.”
    Adoro Oceano Mare, è uno dei miei libri preferiti. Ogni tanto lo riprendo in mano e ne leggo un po’ di pagine così, a caso. Solo per perdermi un po’.
    Anche io ti consiglio Castelli di rabbia, lo stile di Baricco è sempre quello…ma Oceano mare per me è insuperabile… 🙂

  5. Bellissimo Chiara, non ho voluto citare quel pezzo perché secondo me svela un po’ l’anima del libro… ed è qualcosa che va scoperta da soli! Però è bellissimo, all’inizio non capisci, poi spiega cosa faceva ed è di una razionalità allucinante! 🙂
    Castelli di rabbia l’ho appena aggiunto alla mia wishlist, così non lo dimentico!
    Ciao,
    Emanuele

  6. Questo libro mi è stato praticamente imposto. Devo dire che all’inizio ero come dire… persa e spaesata tuttavia dall’arrivo di Plasson, beh è cambiato tutto, sono arrivate poco a poco le descrizioni di tutti quei personaggi assolutamente unici, che proprio nel momento in cui cominciavi a conoscerli e a capirli ritornavi spaesata come all’ inizio… e via con un nuovo personaggio. Spesso non si capiva il senso di tutte quelle storie, buttate lì al lettore ma poi, come per magia, si sono tutte incatenate alla locanda Almayer. Tutto questo nel primo di 3 libri, perchè il secondo è stato molto forte, quasi sconvolgente, una zattera, dispersa, nel cuore dell’oceano, 147 uomini, morte, sangue, cannibalismo, istinto di sopravvivenza, suicidio, amore perduto, desiderio di vendetta, disperazione, pietà, rabbia, impotenza; una parte veramente impressionante, direi incisiva. Il terzo libro è diviso in capitoli intitolati col nome di ciascun personaggio. Ogni capitolo, parla della conclusione, del destino, della vita dopo il mare, che i personaggi conosciuti nel primo e nel secondo libro intraprendono. Alcune molto esilaranti, altre semplici, qualcuna un po’ strana, o triste oppure tragica… tutto termina con la scoperta del mistero che racchiudeva questa locanda nella sua settima stanza, nominata ma mai descritta, nella quale alcuni personaggi non avevano il coraggio di entrare. Alla fine del libro, la locanda si dissolve, quasi fosse stata solamente immaginaria, e con lei tutti quei magici unici strani personaggi e le loro strane uniche magiche storie.

    Lo stile del racconto è un complesso stile narrativo, tuttavia devo ammettere la bravura di questo autore perchè spesso leggendo il libro mi pareva d’aver davanti un romanzo giallo, o addirittura una poesia. Esempio ne sono le preghiere di padre pluche o la vendetta di Adams/Thomas. Evidente è la sfasatura del rapporto tra fabula ed intreccio, racconto alterato solo parzialmente in “medias res”. Il tema è sicuramente il mare, luogo in cui s’intreccia tutto il racconto. Per quanto riguarda il rapporto tra la durata reale degli eventi e la loro durata narrativa, rintracciata spesso l’analisi ( periodi molto brevi allungati dettagliandoli). Il libro è tuttavia gradevole sebbene in qualche punto diventa pesante.

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