La prima cosa descritta quando è arrivato il momento di presentarci è stata la mia voglia di libertà. Ero partito per l’Africa convinto di non dovermi aspettar nulla e di dover abbracciare qualsiasi esperienza mi fosse stata offerta. Avevo lasciato l’orologio, avevo abbandonato il cellulare, avevo deciso che non avrei mantenuto i contatti con gli amici. Non era la stessa Africa che han cercato e vissuto gli altri ma era esattamente come sentivo di doverla vivere io. L’Africa doveva essere un momento mio, diverso. Io, dovevo provare a pensare diversamente.
Dopo un paio di giorni di conoscenza divenne palese che un’altra del gruppo mi veniva dietro. Gli altri lo facevano notare attraverso battutine velate e io – da bravo – facevo finta di non comprender nulla e me ne stavo sulle mie.
L’intera prima settimana, senza rendermene conto, stavo vivendo libero da tutto tranne che dai miei preconcetti. “Non voglio rovinare la mia esperienza e neanche la sua“, “non voglio modificare gli equilibri nel gruppo“, “non voglio fissarmi su qualcosa che posso ritrovare anche in Italia…” e così via. Nonostante fosse una ragazza molto interessante e mi trovassi bene a discutere e scherzare con lei, quando vedevo qualche segnale di avvicinamento mi ritiravo indietro. Ero il solito me.
Avevo ripreso con tutta una serie di ragionamenti che ogni volta mi porta forse a non vivere per dar voce ad un particolare senso di responsabilità verso tutto il resto. Qualcosa che tra educazione scout e bisogni familiari particolari si è instaurata in me in maniera pesante. Più passavano i giorni però, più mi chiedevo quanto non fosse stupido tutto ciò. Perché dovevo preoccuparmi di tutte quelle cose? Perché dovevo decidere io se fosse un “rovinarle l’esperienza” provare a lasciarmi andare? Perché dovevo occuparmi dell’equilibrio del gruppo? Se anche fosse stato vero tutto quanto… non poteva esser vero anche l’esatto opposto? Forse quella ragazza era anche il segno di questo cambiamento. Un’offerta che dall’Alto, stava a dir qualcosa e che potevo – per l’ennesima volta – prendere o lasciare andare. E io, che finalmente e dopo anni, mi ponevo domande simili… potevo far passare l’occasione senza darle un minimo di considerazione in più?
Così una sera, ho provato a pensare diversamente. Ho preso un grande lenzuolo, il cavalletto e la macchina fotografica e sotto quel bel cielo africano ho proposto una veglia alle stelle. Tutti sdraiati col naso all’insù abbiamo fatto tardi parlando delle cose più assurde. Io però, persino in quel momento, provavo a rimanere sulle mie mantenendomi concentrato sulla macchina fotografica e un po’ defilato dalle risate. Volevo ancora, per l’ennesima volta, capire quanto fosse giusto.
Pian piano andò via il primo e poco dopo anche la seconda del gruppo si trasferì a letto. Rimanemmo solo io e lei. Io continuavo a scattare foto, lei continuava a smuovere il mio braccio quando – finito di giocare con le impostazioni – tentavo di far memorizzare a quel miracolo dell’umanità composto da obiettivo, diaframma e sensore fotorecettore, una cartolina del cielo.
Una rana quella sera gracidava molto vicino, probabilmente era nascosta tra qualche pianta a pochi metri. Sempre più vicini ed incuranti di quel rumore poco rassicurante (oh, se ti salta addosso non è piacevolisimo!) si chiacchierava come se quella notte potesse durare all’infinito e non c’era bisogno di dormire. Nessuno dei due aveva fretta di rientrare.
Non so se sia stato l’ennesimo gracidare fastidioso o qualche zanzara che pungendomi mi fece sobbalzare verso di lei ma, tutt’un tratto la stavo baciando. Mi stava baciando.
Il resto non ve lo racconto, ma la settimana successiva è cambiata inesorabilmente. Non è successo nulla di sconvolgente, nessuno del gruppo ha sofferto nulla, né io né lei abbiamo vissuto male o chiusi a riccio e adesso non posso che esser felice anche di questo. Ho provato a vivere “una storia di una settimana” che per tanti altri motivi non volevo portare in Italia e che per come son fatto non avrei mai fatto nascere. Qualcosa che diventa l’ennesimo regalo di quest’Africa misteriosa e sconvolgente. Il segno che altro in me deve ancora cambiare ma che se ha compiuto il primo passo è già sulla buona strada… perché è da tempo che sono convinto che so vivere tutto con leggerezza tranne i rapporti interpersonali.
Che io – mi sa – non ho bisogno di una donna. Ho bisogno di una donna che mi prenda a gomitate perché il tempo mi ha disegnato malissimo.
Emanuele
PS: la foto, scattata sulla nave verso l’isola degli schiavi, mi sembra perfetta. Sia perché Goree era il luogo in cui quegli uomini perdevano la possibilità di decidere della loro vita, sia perché – a volte – piuttosto che un giubotto di salvataggio, si ha bisogno di quella sana pazzia che solo una bella sbronza può assicurarti…
Insomma, quest’Africa ti ci voleva proprio 🙂 Ti ha tolto un po’ di quella pellaccia d’ingegnere che ti trascini addosso da una vita… Lasciarsi andare, a volte, non è poi così grave!
hihhihihihi! in genere le rane “gracidano” xò in Africa magari gracchiano chi lo sa!!! 😀
p.s.:che bello questo “reportage” e che bello che sei tornato! 🙂
Camu… si, ho cercato di vivere l’intero viaggio provando a non ragionare coi soliti schemi. Forse è un esercizio che dovremmo fare tutti più spesso ma quando sei preso da abitudini e routine diventa sempre più complicato.
Anita… correggo subito, hai ragione! Gracidavano anche lì! 😛
Comunque nei prossimi giorni arrivano altre riflessioni… 🙂
Ciao,
Emanuele
Bellissima l’espressione “perché il tempo mi ha disegnato malissimo”.
E’ un esigenza dell’uomo quella di andare oltre i confini. Ci sono sconfinamenti che distruggono e sconfinamenti che permettono di costruire nuovi e più solidi equilibri.
Anche abbandonare i preconcetti è una sfida.
Ad esempio anche i marziani non sono poi così cattivi come sembrano: http://www.trasgressione.net/pages/Gruppo/Genitori/Marziano.html
Ciao gioia!!! 😛
Ben tornato! Sono partita il 17 per la maremma toscana, dove ho vissuto quattro intensi e bellissimi giorni con il mio compagno; sono tornata da poco e sono così felice di ritrovarti.
Hai detto che ti ci vorrà del tempo per assorbire, sminuzzare, rielaborare la “tua Africa”.
Per come ti sto conoscendo credo ci vorrà almeno un annetto; credo che sotto la tua pelle e nei tuoi circuiti neuronali ci sia un archivio dati che nemmeno la Rai potrebbe contenere— 😛
Ben tornato ancora, Manu
Robi
Tiziana, anche se non ho capito cosa c’entrino i marziani col resto… è vero, abbandonare i preconcetti è anche una sfida. Forse è la più difficile tra quelle possibili perché non si tratta di smontare un’abitudine ma qualcosa che fa parte del nostro “modo d’essere”. E’ l’idea che… possiamo non aver ragione, portata avanti e fatta crescere.
Robi… ahah, innanzitutto grazie per il ben tornato! Sono felice che ti sia rilassata anche tu… riguardo l’Africa, non so quanto tempo sarà necessario però è stata, davvero, talmente diversa dal mondo in cui son cresciuto che sarà impossibile rimanere indifferenti e le ragioni salteranno fuori col tempo, proprio quando meno lo si aspetta! Grazie per il paragone con la Rai ma l’archivio Luce è bello grande… 😛
Ciao,
Emanuele
Chi ha bisogno di confidarsi e liberarsi dal proprio peso senza giudicare nessuno!!! Chi ha voglia d parlare e sfogare le proprie paure e repressioni..io sarei lieta di ascoltarvi e perche no
Liberiamoci dai nostri dolori e affrontiamo le nostre paure!! Siete con meee????””” 🙂 😛
:dogarf: i :love: 😆 😕 🙄 😕