Che poi è bello quando metti una cosa li, una foto, magari di quando eri piccolo e la guardi. E più la guardi, più sei felice. E oggi è così, come quella cosa li, come una foto d’infanzia, una di quelle in cui sei tornato da una lunga corsa e la mamma felice ti sistema un attimo, ti rincalza la magliettina nei pantaloni e ti dice di star fermo. Che poi, diciamolo, star fermi è una cosa che da bambini non riesce mai. Più ti si dice di star fermo e più ti vengono in mente milioni di cose da fare. La palla del tuo compagno a ricreazione, il gatto che hai visto tornando a casa, la sua coda e quella lucertola che invece una volta la coda l’ha persa e si muoveva ancora. E poi le pietre che gli tiravi e magari anche quel gioco in cui dovevi centrare un quadrato descritto da un gessetto trovato per caso e dovevi raggiungerlo saltando prima su un piede e poi su due, a turno e senza superare mai la linea. E quando succedeva iniziavi a chiederti perché. Perché proprio a te, proprio in quella partita. Perché proprio quando stavi andando benissimo. Ed è così che della foto te ne importa sempre meno, neanche la senti la mamma e le sue due parole. Statti fermo. Niente da fare, nella tua testa c’è tanto altro e sembra quasi un acquario in cui i pesciolini hanno sempre un posto nuovo da esplorare. E così tu viaggi, viaggi senza rendertene neanche conto. Torni indietro, avanti e indietro, avanti e indietro. Proprio come l’altalena che nel parco reputavi spettacolare. Ci saresti rimasto altre due ore se non fosse che alle sette la mamma vuole che torni. E poi c’erano le cacche dei cani, e quelle fanno puzza e le eviti sempre e ti chiedi perché i cani debbano farla proprio li, con tutto lo spazio che c’è. E così il tempo passa, e passerà anche questa giornata, iniziata così, con una foto che mi ha fatto viaggiare nel tempo, e poi varie ore di università che mi fanno dondolare tra il presente e il futuro, e poi il mio papà, che andrò a trovare e sarà come tornare nuovamente al momento della foto, in cui, senza papà, non riesci proprio a stare un attimino fermo.
Buona giornata,
Emanuele
… *_* che bello.. dalla prima lettera all’ultimo punto..
Lo sapevo che prima o poi saresti passata da qui e avresti apprezzato!
Mi è uscito tutt’un tratto, di colpo, così come lo leggi, dall’inizio alla fine. E’ bellissimo quando accade perché ti rendi davvero conto che sono le parole a guidare te e non tu a posizionarle una dietro l’altra.
Mi piace tanto questo post… 🙂
Ciao,
Emanuele
[…] mi diverte, mi aiuta a trasmettere sentimenti, mi rilassa. Non saprei rinunciarvi e non sono mai stato […]
[…] Il secondo invece è stato scritto in una parentesi molto particolare della mia vita. Mio padre, 11 giorni prima ebbe un infarto e io mi ritrovai catapultato in una notte tremenda, una notte che ho ancora così nitida nella mente che quando ci penso mi tornano i brividi. La cosa buffa però è che ogni volta che ci penso mi dico “la notte tremenda non fu la tua, idiota!” nella imperterrita voglia di trovare un aspetto positivo pronto a bilanciare i pensieri negativi. […]