Shanghai, se la guardi bene, è un po’ come un set cinematografico. Dal lato in cui passano gli attori, le macchine per le riprese, i grandi divi e la storia “che va narrata” tutto scintilla e sorprende. Dietro però – ma proprio subito dietro – c’è un mondo di cartone pieno di sporcizia e povertà. La Cina del miliardoetrecentomilioni di persone in qualche modo sa di non poter arrivare a tutti e così anche la più grande città del pianeta scende a compromessi: i flash e il jet-set del Bund o di East Nanjing Road scompaiono subito dopo una stupidissima linea gialla tracciata dal regista.
Tra qualche giorno tornerò in Italia. Dopo quasi due mesi cinesi credo di aver superato lo stupore del primo impatto. Mangio con disinvoltura con le bacchette, ricordo varie parole cinesi oltre le fondamentali ciao e grazie, so dove prendere il treno o dove si trova la stazione dei pullman. Forse, ciò che prenderà più tempo, sarà incamerare e comprendere questo enorme contrasto.
Emanuele
Ogni esperienza che facciamo ci fa vedere il mondo in modo diverso. Ogni esperienza ci trasforma in qualcosa di diverso. Due mesi sono più che sufficienti per insinuarsi nella nostra visione del mondo e in alcune delle nostre abitudini.
Cosa è rimasto a te? In cosa ti senti diverso?
Ciao robi
Difficile dirlo. E’ veramente troppo presto. Sono arrivato stanotte e ancora la testa è confusa per via del jet-lag. Quale parte di me è cambiata in Cina? Quali consapevolezze sono arrivate? Non so. Forse, ciò che sto maturando è una certa rivalutazione dell’intera Cina che l’occidente dipinge sempre come uno stato privo di libertà. Probabilmente le ragioni del loro sistema sono complesse ma anch’esse valide. E’ un modo diverso dal nostro di mantenere funzionante una società, specie quando il numero di persone da gestire è veramente enorme. Un paese tra l’altro che, anche secondo i cinesi stessi, è indietro all’occidente rispetto a tanti aspetti ma che ha una voglia matta di recuperare. Forse (in me) c’è più rispetto, ecco.
Ciao,
Emanuele