Oggi so che si può anche concludere un libro con le lacrime agli occhi. “Nel mare ci sono i coccodrilli”, scritto da Fabio Geda, non è semplicemente un libro: è una storia che dovete leggere. E dico dovete ma il verbo, imperativo, che vorrei usare ma che non trovo, è ancora ugualmente insufficiente. Sotto il titolo leggerete “Storia vera di Enaiatollah Akbari” e credo che questa storia andrebbe fatta conoscere nelle scuole, nei centri educativi giovanili, nelle stanze in cui si parla di immigrazione, nei parlamenti in cui si discutono decreti che coinvolgono gli extra-comunitari.
Enaiat è un bambino che a 9 anni si ritrova da solo contro la vita: non per qualche tragedia terrestre ma perché la madre, per salvarlo da un futuro incerto, lo abbandona spronandolo ad andare avanti nella vita. A nove anni. Mi vengono i brividi e mi sento disgustosamente fortunato al confronto. La sua è una storia come centinaia di migliaia di altre vite, questa volta però non vi arriva di sfuggita durante un articolo di 30 secondi nel telegiornale serale. Nel libro si ripercorre la sua storia, gli otto anni più duri, intensi, spaventosi e crudeli che si possano augurare ad un qualsiasi essere umano. E questa volta si legge il lieto fine, ma tanti altri altri non hanno la sua stessa “fortuna“.
Mi torna in mente l’Africa, mi tornano in mente certi discorsi affrontati con alcuni ragazzi senegalesi che mi raccontavano che il passaporto potevano anche farlo per andar via ma che – dopo che paghi – non è detto che il visto te lo accettino: e lì perdi tutto, soldi e speranze. Mi torna in mente tanto altro che dell’Africa non vi ho mai raccontato perché sono ingrato, un testimone incapace. Enaiat parte da un’altra terra dura: l’Afghanistan. Nel suo percorso si porta dietro, fino alla fine, la sua comunanza coi talebani, quelli che la società occidentale ha stigmatizzato come esseri demoniaci facendo – al solito ed ingiustamente – di tutta l’erba un fascio.
Enaiat dormirà per terra per anni, dormirà nei parchi, dormirà sulla sabbia, dormirà dove capita e quando – per la prima volta nella sua vita – gli verrà dato un pigiama, faticherà persino a comprendere cosa sia. Enaiat lavorerà per anni in fabbriche spacca pietre e la tenera età non conta e non fa differenze: si lavora da mattino a sera, spesso anche schiavizzati, senza stipendio ma semplicemente con la possibilità di dormire e ricevere un pasto. Un futuro senza evoluzioni da cui scappare, clandestinamente. Ma la condizione di clandestini non è semplice, quando i TG raccontano di un barcone di immigrati approdato sulle coste di Lampedusa la società li avverte quasi come dei turisti dispettosi che abbiano deciso di visitare un villaggio turistico in bassa stagione. Il viaggio, per loro, non è così. Così come non è simpatico rimanere chiusi per giorni nel doppiofondo di un camion, piegati e al buio, ammassati con tanta altra gente tanto da pensare di dover morire lì dentro. Senza possibilità di comunicare “mi arrendo, scendo qui”, senza cibo, senza acqua e con una bottiglia in cui raccogliere i tuoi escrementi.
La storia ti fa comprendere anche perché, certi immigrati, arrivano da queste parti con la necessità di rubare: la vita non gli ha mai mostrato strade diverse per sopravvivere. Ti fa comprendere anche cosa possa significare vivere in un luogo in cui persino i soldi perdono senso: averli serve a poco se ogni giorno combatti per rimanere in vita, se devi dormire in un fosso per non farti trovare, se devi camminare per giorni per lasciare il tuo paese e nel percorso qualcuno non resiste come te e devi abbandonarlo come carne che concimerà la terra.
Il diciottesimo giorno ho visto delle persone sedute… Erano sedute per sempre. Erano congelate. Erano morte. Erano lì da chissà quanto tempo. Tutti gli altri sono sfilati di fianco, in silenzio. Io, a uno, ho rubato le scarpe, perché le mie erano distrutte e le dita dei piedi erano diventate viola e non sentivo più nulla, nemmeno se le battevo con una pietra. Gli ho tolto le scarpe e me le sono provate. Mi andavano bene. Erano molto meglio delle mie. Ho fatto un cenno con la mano per ringraziarlo. Ogni tanto lo sogno.
Tratto da: “Nel mare ci sono i coccodrilli – Storia vera di Enaiatollah Akbari“
Dovete leggere questo libro. Dovete farlo conoscere. Dovete raccontarlo. E’ un dovere morale e rimane ugualmente poco, così come poca cosa è stato il mio post-Africa fin ora, ma che so – troverò, prima o poi – un modo nella mia vita per far fruttare in maniera decente o mi sentirò sempre complice e carnefice di strorie come quella vissuta da Enaiat.
Emanuele
PS: lo stile del libro, la bellezza narrativa, la genuinità di certi passaggi che suonano quasi un diario personale da cui non separarsi, tutte cose che ho apprezzato, passano decisamente in secondo piano questa volta (e se ho divorato il libro in due giorni un motivo ci sarà).
Non c’è bisogno di convincermi a leggere un libro…sia perchè mi piace leggere e sia perchè mi fido tanto dalle tue recensioni e dai tuoi consigli ma…questa volta…dalle tue parole, è scaturito un non so chè di particolare…una sensazione inspiegabile.
Una sensazione di voler trasmettere, far conoscere, far immaginare anche semplicemente da brevi passaggi e informazioni ciò che vi è scritto in quel libro/diario che consigli.
Sono giorni di fuoco ma son sicuro che un ritaglio di tempo riesco a procurarmelo per cercare il libro e leggerlo.
Grazie Manu.
Ciao Manu, accolgo stravolentieri il tuo imperativo. Appena l’avrò letto, ti farò sapere.
Grazie 🙂
Robi
A35G, è proprio così. Questo è stato più di un libro, è stato un viaggio nella realtà senza biglietto aereo o valigia. Sarà che ho ancora fresche nella mia mente certe scene viste in Africa e, nelle mie giornate, spesso tornano vive ma devo inghiottirle silenziosamente perché non posso prendere un volo e correr là ma… “Nel mare ci sono i coccodrilli” è stato quasi tangibile. Se cerchi Enaiatollah Akbari su Google trovi la faccia di questo ragazzo. Non è frutto dell’immaginazione di nessuno ma carne e ossa come te e me che però hanno vissuto qualcosa di incredibile e che – ahimé – non è un caso isolato. Lo stile del libro è piacevole ma è realmente passato in secondo piano nella mia mente. Dovevo leggere e leggere e leggere perché non potevo far altro.
Robi17, tu insegni… e questo libro è prezioso. L’ho già consigliato ad un amico (capo scout) per qualche attività. Quando noi, questa società, i nostri adolescenti si sentono sfortunati, poveri, avviliti o stressati… beh, bisognerebbe prendere tre pagine di questo libro e rileggerle. Il sol fatto d’esser qui, seduto su questa sedia, pronto a risponderti e il sol fatto che tu leggerai, oggi, domani, non so, ci rende già dei privilegiati in una maniera incredibile. Potrebbe essere un ottimo spunto di riflessione coi tuoi ragazzi, o coi tuoi figli… o anche un ottimo specchio sul quale effettuare il proprio esame di coscienza.
Ciao,
Emanuele
é tanto tempo che non leggo ma davvero tanto. sono in un momento di stallo da quel punto di vista. Spero di riprendere a leggere presto perchè l’emozione di un bel libro mi manca.
🙂
Anche a me capitano periodi in cui diventa impossibile leggere però so che è una cosa che – quando posso – devo fare per regalarmi emozioni. Non so se consigliarti questo libro come prima occasione per riprendere però tienilo in considerazione, è una storia drammaticamente vera e ignobilmente distante dalla nostra.
Ciao,
Emanuele
Iniziato ieri e finito stanotte alle tre. Ora sono un po’ stordita come ogni volta che ci si imbatte in qualcosa che ti scuote. Il dolore non finisce mai di stupirmi insieme a tutte le domande sul senso del dolore che esso si porta dietro. Ho ammirato il coraggio, la bontà, la forza di questo ex bambino. Quest’estate, per me , è stata l’estate dell’Afghanistan: ho letto “Le ragazze di kabul” di Roberta Gately, “Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini e ora “Nel mare ci sono i coccodrilli”. Il mio compagno dice che potrebbe arrivare a scuola una bambina o un bambino afghano quest’anno…Non so, ma sono felice di aver conosciuto un po’ meglio un popolo a cui anche io avevo appiccicato un’etichetta che niente aveva a che fare con la loro storia.
Ancora una volta ringrazio il potere della parola, che fa arrivare storie come questa anche a chi non potrebbe mai conoscerle.
Robi
Wow, sei stata velocissima a leggerlo (e io lentissimo nel risponderti…), in ogni caso riesco a ritrovarmi nelle tue parole e nelle tue emozioni. Certe vite sono così distanti dalle nostre, strane e bistrattate che qualsiasi evento descrivano ci fa sentire piccoli e ingrati. Bello il filone di libri letti: mi consigli i primi due?
Riguardo il conoscere per accogliere, credo sia una cosa bellissima quella che hai detto. Spesso infatti è facile “cadere nella trappola” del pregiudizio, non tanto per insensibilità quanto per misera ignoranza. Arriverai preparata e ben disposta e sarà un’occasione di crescita per entrambi: se ti va, mi racconti un po’ l’esperienza quando prenderà vita?
Ciao,
Emanuele
Ciao Manu, grazie per quello che mi hai scritto.
Ti consiglio vivamente il libro di Hosseini “Mille splendidi soli”: pensa che quando l’ho finito ho sentito il bisogno di baciarlo (il libro ovviamente 😉 ) per quello che mi aveva trasmesso in termini di amore per la vita.
Anche l’altro è bello, è stato scritto da una ragazza che ha toccato con mano la realtà afghana, lavorando lì per le Nazioni Unite.
Riguardo al condividere l’esperienza, certo, se sarà vero quello che ha predetto Ermanno, il mio compagno, lo farò stravolentieri.
Credo di capire che sei stramega impegnato con il lavoro.
Ti auguro di vivere al meglio questo periodo; non è mai facile stare in equilibrio quando si lavora troppo. Ciao, robi
Ciao Robi, ho letto questo post e mi sei venuta in mente tu. Tra qualche giorno torni dietro la cattedra. Come sarà il tuo “primo giorno”? 🙂
Buona domenica,
Emanuele