Lavorare dal mare? Si può.

In questi mesi tanti aspetti della vita di tutti noi sono stati rivoluzionati. Il COVID-19 ha trasformato popoli e abitudini. Tireremo le somme della rivoluzione solo quando le curve, i numeri, le mascherine (?) saranno un lontano ricordo. Intanto però, quest’anno (oltre che per un arrivo stupendo) è stato per me l’anno del lavoro da casa e non potrò non ricordarlo anche per questo.

Come raccontavo, a Febbraio la mia postazione di lavoro cambiò via e numero civico. L’arrivo dell’estate però ha bussato con forza chiedendoci «perché non provare a lavorare direttamente in riva al mare?».

So di avere un privilegio, non tutte le professioni possono essere esercitate da remoto e questa – grazie anche alla maternità della moglie – era l’estate perfetta per testare un isolamento al mare.

Sono partito con un bel po’ di perplessità ma dopo un po’ di ragionamenti, pianificazioni e aver comprato un box da tetto per l’auto, ci siamo trasferiti per poco meno di due mesi in Sicilia. Abbiamo la fortuna di poter godere di una casa letteralmente sul mare e così le giornate lavorative si sono trasformate in qualcosa di sconosciuto in precedenza.

Siamo quasi in conclusione di questo bel periodo e posso confermare che, tutto sommato, il lavoro da remot(issimo) funziona. L’unico elemento fondamentale è la qualità della connessione internet. Il digital divide farà letteralmente da discriminante nella ripresa economica di tutti quei luoghi che stavano finendo deserti per via della migrazione del mondo del lavoro verso i grandi centri. Chi amministra certi posti dovrà tenerlo presente.

Ho lavorato condividendo due schermi per 8 ore al giorno, parlando con le cuffie alle orecchie con gente dislocata in mezza Italia e le linee mobili che ho utilizzato hanno retto alla stra-grande. Ho utilizzato circa 60GB al mese di dati (ero in fase di test del software col cliente e come dicevo dovevo condividere due schermi durante le conferenze) ma so bene che il mondo del lavoro non può e non deve basarsi su connessioni best-effort. Non sarebbe sostenibile.

Ovviamente sebbene sia filato tutto liscio, nemmeno nel mio caso è stato tutto semplicissimo. Il primo impegno quando arrivati è stato quello di verificare sia dentro che fuori casa quale fosse il miglior punto di ricezione del segnale. La mia postazione di lavoro così, ad un certo punto, si è trasformata in un tavolino all’esterno con vista mare.

Postazione di lavoro con ombrellone

Certamente non potevo lamentarmi, era tutto sommato mille volte meglio dello studio a casa, ma devo ammettere che nei giorni più ventosi ho dovuto tenere l’ombrellone saldo al suo posto o mi son ritrovato con la tastiera piena di sabbia. Per il resto, se l’anno prossimo il mondo del lavoro dovesse svegliarsi senza COVID ma molto più agile ripeterei al volo la trasferta.

Per la famiglia son stati due mesi di vacanza vera e per me – sino all’inizio delle ferie – finito il lavoro era un attimo: costume e giù in acqua per un bagnetto o un giro in canoa. Chi torna più a Milano?

In realtà tra un po’ di giorni ci aspetta il viaggio di ritorno, alcuni impegni a casa hanno definito la data di partenza ma l’idea per Settembre è di trasferirsi al lago nel tentativo di rendere meno traumatizzante questo saluto.

Emanuele

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