Elevarsi…

“Nel perdono, la forza di un re”.

Una bella frase quella presente nella canzone presentata da Al Bano a Sanremo 2007…

La vera forza non è quella nata dalla prepotenza, dalla prevaricazione, dalla vendetta, dalla mera rivincita fisica o spirituale.

Non sta neanche nell’affermazione del proprio essere nella vita. Ti faccio vedere io che so fare…

Il perdono, incondizionato.

La nostra società non ci abitua facilmente a questo genere di ragionamenti. Siamo abituati a cercare una rivincita morale, in assenza di quella fisica che, solo perché è più “visibile” sembra più brutta.

Ci viene difficile augurare una fortuna maggiore a chi ci ha offesi. Anzi, questa è l’ultima cosa che il nostro orgoglio vuole augurarsi.

In questi giorni ero nervoso… anche per questo.

Sarò tanto “un bravo ragazzo” ma mi sento tanto pieno di difetti che non riesco a controllare. E così, oltre a combattere con loro, combattevo anche con la depressione che il mettermi a confronto mi portava.

E’ difficile accettarsi… e accettare pure che il mondo esterno (e magari quella parte “di mondo” che meno sopporti) possa anche “passarsela meglio”.

Fa male.

Adesso tutto questo mi sembra un nuovo passo nel “cammino” che da tempo sto facendo.

Non lasciare che sia l’orgoglio a “perdonare”, ma far si che sia il perdono a dire all’orgoglio come comportarsi.

E’ solo in quel momento che mi troverò “un gradino più in sopra” e… la canzone di Al Bano avrà un po’ più senso anche dentro me.

Non sarò mai un Re, ma senza dubbio potrò dire di essermi impegnato a perdonare senza aspettare delle scuse.

Sogni d’oro,

Emanuele

Pubblicato da

Ingegnere. Si divide tra lavoro, bicicletta, monociclo e volontariato. Vive in una casa con un ciliegio insieme ad una moglie, tre bimbe e otto pesciolini che non lo aiutano a tenere in ordine.

15 commenti » Scrivi un commento

  1. Non sarò mai un Re, ma senza dubbio potrò dire di essermi impegnato a perdonare senza aspettare delle scuse.

    Non è vero, ognuno di noi governa il proprio regno e può farlo in diversi modi, ovviamente emerge chi riesce a governarsi in modo pulito e coerente.
    Perdonare non è sempre facile, anzi, ma è necessario anche perchè credo sia inutile affliggersi per situazioni immutabili e che comunque porterebbero solo sofferenza. Saper chiudere una porta a favore di un’altra, saper perdonare (nel limite del possibile) è una gran bella cosa.
    Buona monarchia P|xel 😀

  2. alibi per non (saper) prendere la ‘rivincita’.
    Mi spiego: è tutto vero quello che dici sul perdono, se il perdono è il sentimento ‘originale’. Se invece il perdono nasce da un’infruttuosa meditazione di rivalsa (tipo “ho paura a cercare di/non so come fare a prendere la rivincita, allora quasi quasi perdono”) e diventa “perdono necessario” come dice Mavero, è in realtà più che altro un alibi… pronto a essere accantonato se si propone poi un’occasione di rivincita, vale a dire non c’era perdono autentico.
    Mi sembra di leggere questo anche nelle tue parole: non è l’orgoglio accantonato che suggerisce di perdonare, ma è il perdono che dice all’orgoglio di farsi da parte.
    Riguardo poi alla maggiore fortuna delle persone che si comportano male, che dire…la giustizia non è di questa terra. Purtroppo.
    ciao, è sempre interessante confrontarsi con te
    Eurialo

  3. No, a dir la verità penso che per certi versi l’abbia “avuta vinta” io. Però è proprio la “voglia di perdonare” che mi spinge a far questi ragionamenti.
    Ciao,
    Emanuele

    PS: grazie dei commenti, mi avete fatto riflettere ulteriormente… 🙂

  4. [scusa, mi spiegheresti la prima frase per favore? Non capisco a che ti riferisci]
    Bello aver voglia di perdonare, appunto ben diversa dalla mancanza di voglia di non perdonare… Bisogna essere delle belle persone.
    ciao,
    Eurialo

  5. Mi hai fatto notare che, la voglia di perdonare, potrebbe derivare anche dall’arrendersi perché “perdenti” (privi di altre armi per attaccare). Per questo, nella prima frase, precisavo che per “certi versi” (ma non importa il caso specifico) l’ho avuta vinta io. Eppure sono mesi che, ad ogni modo, cerco di trovare la forza per perdonare per bene.
    Sembra facile… ma forse è più facile insegnare ad un elefante a parlare…
    Riguardando indietro (1 e 2…) qualche passo in avanti penso di averlo fatto.
    C’è uno strumento che nello scoutismo si chiama “progressione personale”. La fa ogni ragazzo, senza neanche accorgersene con il proprio capo. Si fissano mete ed obiettivi e pian piano si raggiungono. Quando si diventa Capi, tutto ciò non scompare. Prende il nome di “Progetto del Capo” che, in linea di massima, è la stessa cosa che fa inconsciamente il ragazzo. In questo caso però, c’è una certa consapevolezza e senza dubbio una auto-analisi che porta a delinearlo. Come tutti i progetti, anche questo va verificato ogni tanto…
    Chissà, magari all’inizio dell’anno non l’ho scritto nel mio progetto, eppure mi sto accorgendo di essere in cammino anche su questo aspetto…
    Ciao,
    Emanuele

  6. Interessante e bello questo che mi racconti sullo scoutismo. Non sapevo che fosse richiesto di ‘esplorare’ anche all’interno di se stessi. Questo succede nella tua associazione perchè siete di matrice cattolica o funziona così per tutti gli scout? (A proposito, mi accorgo che non ne so nulla: ci sono diverse associazioni scout o solo una?)
    Se guardo a me, mi accorgo che in realtà perdonare non mi è facile… quello che riesco a fare al max è non cercare rivalsa, ma mi ricorderò sempre di ciò che di male mi è stato fatto… e poi che significa perdonare? Comportarsi come se nulla fosse successo? Se alla seconda occasione non mi fido più di una persona, che alla prima occasione ha tradito la mia fiducia, significa che non ho perdonato del tutto? Mi chiedo in quanti perdonino veramente allora. Se si parla di non portare rancore e non cercare vendetta, allora è diverso…
    Ciao,
    Eurialo

    p.s.= ne approfitto per augurarti, Emanuele, una buona e serena Pasqua!
    p.p.s.= qua oggi splende il sole…

  7. Ciao eurial… “esplorare” se stessi è un modo per crescere. Il fine dello scoutismo non è come in molti pensano, quello di creare dei Rambo abituati a sopportare le avversità meteorologiche bensì, crescere come sani e buoni cittadini del mondo.
    L’esser “sano” passa anche da “salute e forza fisica” (uno dei quattro punti di Baden Powell, gli altri sono: “formazione del carattere”, “abilità manuale”, “servizio del prossimo”). Se analizzi proprio questi quattro punti ti accorgi che abbracciano tutti gli aspetti di una persona. Niente Rambo… solamente brave persone, impegnate socialmente, in buona salute.
    Ecco dunque perché, ai campi, si abituano i ragazzi ad alzarsi alle 7, 7 e 30… non perché si è in caserma ma perché è educativo imparare ad alzarsi in orario la mattina e magari fare un po’ di ginnastica. Che poi… sai una cosa? Le cose raccontate perdono tutto il loro fascino. Sarò stupido… ma io trovo stupendo svegliarsi in un bosco, con un po’ di rugiada qui e li… e con tuta e scarponi darsi il buon giorno facendo un po’ di stretching…
    Ce ne sarebbe da parlar per ore: la cosa più importante è che… lo scoutismo tende a fare “autoeducazione” e così… non ci sono imposizioni dall’alto. Tutto ai ragazzi viene spiegato affinché ne comprendano il motivo. Non siamo a scuola dove l’educazione viene “impartita” in dosi da 15 pagine al giorno.
    Ok… non devo dilungarmi troppo (si vede che credo tanto nel metodo scout, eh?! :-)). Lo scoutismo che nacque da B.P. si diffuse nel mondo e si crearono varie associazioni, sia per via di differenti interpretazioni, sia per questioni religiose.
    In Italia, l’Agesci è l’associazione più grande. In paragone, le altre sono tutte associazioni minori, compresa la seconda per grandezza: il CNGEI. La differenza da quest’ultima è enorme: è una associazione non cattolica (ma questo non significa che in AGESCI non vengano accettati bambini non cattolici eh…) e poi non prevede la co-educazione. Personalmente ritengo fondamentale insegnare a convivere con il sesso opposto. E’ una cosa che servirà nella vita… dunque perché fare attività separati e non “preparare” il ragazzo in crescita a rapportarsi con l’altro sesso? (che poi sia chiaro… in AGESCI non è che li chiudiamo in una stanza per farli socializzare… si tratta di normale convivenza come in una scuola con classi miste).
    Tornando alle altre domande, personalmente penso che perdonare non significhi “fare finta di nulla”. Ne ho parlato con un (bravissimo!) sacerdote al CFM. Il male… è difficile dimenticarlo. Perdonare però significa, oltre a non vendicarsi, saper porgere l’altra guancia. Saper dare nuovamente fiducia, sebbene un pizzico di paura (umana) rimanga sempre. E’ li che entrano in gioco le due parti. Da un lato c’è chi, perdonato, dovrà impegnarsi per riconquistare la fiducia. Dall’altro, chi perdona, dovrà crescere… e imparare a far scomparire quella paura per dare spazio ad una nuova e completa fiducia.
    Lo so… è una “sana pazzia” però, per concludere, B.P. diceva che in ogni uomo esiste almeno un 5% di buono. E’ a quello che bisogna saper puntare… e cercare di far crescere.
    Ciao e buona pasqua anche a te (gli auguri a tutti gli altri li farò tramite blog successivamente…),
    Emanuele

  8. grazie Emanuele, mi hai spiegato aspetti degli scout che non conoscevo
    da osservatore penso che lo scoutismo sia positivo anche in quanto alternativa a forme di aggregazione diseducative. Mi spiego: a una certa età è un dato di fatto che nella persona si sviluppa un bisogno di appartenenza e la possibilità di far parte di un gruppo con modelli positivi è di aiuto per crescere lontano da gruppi dove il bullismo è il comportamento premiante e la logica del branco viene di conseguenza (ne so qualcosa…). Con beneficio per la persona e per la società: in questi giorni abbiamo continui esempi tragici di cosa combina certa gente.
    Tornando al discorso del perdono, bisogna avere una certa dose di spirito missionario per dedicarsi alla scoperta del 5% altrui: se ne potrebbe uscire distrutti!
    di nuovo auguri e ciao

  9. Stasera, durante la messa, una frase mi ha colpito. “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
    Immagina quest’uomo (che in molti potevano pure vedere come un esaltato mitomane…), immaginalo sul punto di morire. Non si salva… e neanche inizia a “ripensarci su”. Al contrario, fa notare una bellissima cosa: la limitatezza umana.
    Siamo esseri intelligenti… eppure, ci sono tante cose che… per via della nostra mente fin troppo razionale, non riusciamo neanche ad immaginare. La fede in fin dei conti è anche questo, un lasciarsi andare… un affidarsi. Proprio come quando dai fiducia.
    Ecco che perdonare… e dare fiducia non diventa più uno strazio: non dobbiamo dimenticarci che… l’uomo, per sua natura, è portato a sbagliare. Accettato questo, forse, si accettano più facilmente anche gli errori. A quel punto… puoi iniziare a dedicarti a quel 5% di buono…
    Ciao,
    Emanuele

  10. Emanuele,
    faccio fatica a risponderti… non è tanto per il tempo che manca sempre più, il fatto è che la tua non-so-nemmeno-definire-cosa (fiducia? ingenuità?) è disarmante: impensabile farti cambiare idea, per fortuna, e nemmeno voglio farlo.
    Che dire: un perdono ‘selettivo’, quello sì… ma dare di nuovo fiducia a chi ha dato prova di non meritarsela… Ci sono persone, tante persone, che sistematicamente vivono approfittando della buona fede dei terzi. Perdonare anche a costoro? I “fraudolenti in chi si fida” sono per Dante (ricordi?) i peccatori peggiori. Come si fa a dare fiducia a chi sistematicamente la tradisce? Per provare a convertirli? E’ che forse non ho la vocazione missionaria… è che forse sono rimasto scottato…
    Già ti ammiro per quello che predichi… se razzoli altrettanto bene, tanto di cappello davvero!
    ciao

    p.s.= “ci sono tante cose che… per via della nostra mente fin troppo razionale, non riusciamo neanche ad immaginare”: conosci “Flatlandia” [http://xahlee.org/flatland/index.html]? E’ un racconto (di Edwin Abbott) che parla appunto di un mondo a due dimensioni (di cui è fatta una curiosissima e precisa descrizione), dove colui che aveva avuto la visione della terza dimensione chiede un ‘atto di fede’ sulla possibilità che questa possa esistere e viene considerato pazzo. Il racconto è di fine Ottocento: quasi un secolo dopo Einstein teorizzava la quarta dimensione… mille e ottocento anni prima Qualcuno diceva “beati quelli che pur non avendo visto crederanno”.

  11. eurial neanch’io voglio convincer nessuno, penso questo sia chiaro per entrambi. Ho pieno rispetto delle persone che la pensano diversamente… così come non mi metto a criticare chi fa scelte diverse dalle mie.
    Alcuni giorni fa… sul blog di Barbara (webalcioccolato.com) è spuntata una domanda molto pesante. Ho preferito non rispondere li nonostante ci abbia riflettuto su. Si parlava di tradimenti… “tu sapresti perdonare?” ed a me è venuto in mente un passo della Bibbia. Gesù, consapevole del tradimento di Giuda, continua a chiamarlo amico: “amico con un bacio
    tradisci il figlio dell’uomo?”
    . Lo chiama amico… perché per amore, lo perdona.
    Ecco che dunque, il suo tradimento non è stato qualcosa di sconosciuto per “il tradito”… è una cosa che dovrebbe far riflettere tanto: Gesù non fu tradito senza “scoprirlo”. Gesù continuava ad amare, nonostante fosse cosciente che quel tradimento avrebbe comportato la sua morte terrena.
    E’ questo dunque il messaggio cristiano ed è questo che, nel mio piccolo cerco di realizzare nella vita.
    Fortunatamente Dio non mi ha ancora chiesto di amare qualcuno che mi ucciderà ma posso dirti che… tutto quel che ti ho detto non è solamente una bella frase che ho scritto sul blog. Chi mi conosce, probabilmente, potrebbe anche confermarlo.
    Ciao,
    Emanuele

    PS: rileggendo quella frase del Vangelo, mi rendo conto di che “magico libro” si tratti… non c’è frase, parola o virgola che non abbia un senso ben preciso. E’ tutto precisamente dove dovrebbe essere…

    PPS: il libro sembra interessante… magari appena ho tempo leggo qualche recensione e lo metto nella mia wishlist… 😉

  12. Emanuele, sono conscio che la tua posizione (cercare sempre di fare emergere il 5% di buono delle persone) sia migliore della mia (non sacrificarsi e prendere altre delusioni, perchè c’è chi il proprio 5% di buono non vuole che emerga), per questo non vorrei farti cambiare idea. E quell’’impensabile’ non era una critica, come se fosse rivolta a chi è ottusamente arroccato sulle proprie posizioni (non mi sembri il tipo), piuttosto una considerazione: tanto candida era la tua apologia del perdono indistinto.
    Voglio però chiarire una cosa, che magari è stata fraintesa: io non dico di non (provare a) perdonare, dico soltanto che certe persone non se lo meritano e possono ferire di nuovo. A un amico perdono di default, altrimenti non sarebbe tale, e cerco di fargli capire che ha sbagliato. Se è un amico, gli voglio bene anche con i suoi difetti. Sono altre le persone, cui mi riferivo: sono quelli a cui non importa nulla degli altri e se ne approfittano scientemente.
    Tu evidentemente sei più bravo di me (e non volevo insinuare che scrivi solo delle belle frasi sul blog; è solo che non potevo affermare che razzoli bene, anche se ci credo, semplicemente perchè non lo so: non ti conosco e mi sentirei di aggiungere purtroppo). Io di volta in volta valuto se (provare a) perdonare; quello che faccio sempre, come impegno nella vita, è (cercare di) non mettermi nella posizione di dover essere perdonato.
    Ciao,

    p.s.= il racconto sarà poco più di un centinaio di pagine e nel link che ti avevo mandato mi sembra ci fosse tutto, se no qui [http://www.geom.uiuc.edu/~banchoff/Flatland/]; è in inglese, ma per il “capo de tutti capi” non è un problema 😉
    p.p.s.= mi fa piacere che tu non abbia perso le parole!
    n.b.= ormai ho aggiunto la ‘o’ al nick…

Rispondi a Emanuele (aka P|xeL) Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.