Se vuoi comprendere la differenza tra un network e una comunità, chiedi ai tuoi amici su Facebook di aiutarti ad imbiancare casa.
Credo sempre più fermamente che una rivoluzione nel mondo digitale – se mai avverà – potrà realizzarsi solo quando abbandoneremo i social network in favore di comunità online, probabilmente più piccole, ma certamente più umane.
Penso che, in qualche modo, i gruppi tra amici (quelli che abbiamo su Signal, Telegram o Whatsapp o qualche altro micro-ambiente digitale chiuso) siano il luogo oggi più vicino a quel concetto lì. Spazi in cui puoi parlare senza paura di essere frainteso, luoghi dove le opinioni – con più facilità – tendono ad incontrarsi piuttosto che polarizzarsi.
Forse è anche per questo che riesco sempre meno a partecipare alla vita “pubblica” del web, quella stra-piena di centinaia di sconosciuti pronti a mettere un cuore, una stella o un pollice giù. L’effetto di quelle caramelle sulla nostra mente è impressionante (e tale dipendenza è stata la fortuna delle multinazionali dell’informazione) ma ancor di più lo è la distanza e la rapidità con la quale si stabilisce un giudizio.
«Accetta l’opinione di tutti, ma fà un uso parsimonioso del tuo giudizio» scriveva Shakespeare nell’Amleto. La nostra società oggi invece è invasa da piattaforme piene di icone utili per classificare ogni informazione. Come se ogni testo, ogni messaggio, avesse bisogno di un punteggio.
Apprezzo i ritmi lenti di quei luoghi dove queste dinamiche sono meno presenti, dove un eventuale confronto deve basarsi su argomentazioni e dove l’interlocutore non ha alcuna necessità di business (penso alle starlette del web nostrano) nello sbeffeggiare la capra di turno.
Cerco quotidianamente di propormi online con questo piglio ma volli, e volli sempre, e fortissimamente volli un mondo digitale più piccolo, un mondo più a misura di ciò che siamo e che non siamo: uomini e donne e non applausometri.
Emanuele