Calcio balilla.

Un paio di sere fa siamo andati a giocare in una sala giochi. Non è un posto cui siamo soliti andare ma, ogni tanto, una partita a biliardo o a ping pong non fa male.

Tra i giochi ci siam fissati tantissimo col biliardino e più giocavo, più mi immergevo nel passato.

Credo di aver imparato a giocare seriamente a biliardino quando, alcuni anni fa, feci il servizio civile in un oratorio salesiano di un quartiere disagiato di Palermo.

Tra quei ragazzi, si nascondevano autentici professionisti secondo me: ragazzi di 16-17 anni che sapevano giocare quasi ad occhi chiusi, “sentendo” la palla direttamente dal polso.

In quei posti, o ti adegui al loro modo di pensare-vivere e cerchi di prenderli attraverso ciò che amano fare, o sarai sempre visto come un educatore-bacchettone che viene li a calare dall’alto qualcosa che non accetteranno mai.

I primi tempi del servizio civile, per sfida, a turno provavano a farsi vedere in sella alla bicicletta (io arrivavo li in bicicletta e la lasciavo senza catena) pensando che avrei iniziato a rincorrerli. Quando capirono che non mi cambiava nulla, non la toccarono più.

Così… era necessario integrarsi e il biliardino o il tavolo da ping pong – quando fuori pioveva – era il loro sostituto al pomeriggio nel campetto di calcio (in cemento, che se cadevi la sbucciatura ti bruciava per giorni immagino…).

Come qualsiasi pedagogista confermerà, l’educazione parte dall’esempio: nessuno risulta credibile finché non mostra con le proprie gesta che quanto dice non siano solo parole. Per questo, all’oratorio, gli educatori erano più che altro persone che cercavano di mostrare come convivere con altri ragazzi e magari vivere anche i giochi e le attività proposte in maniera sana… anche attorno ad un tavolo di calcio balilla.

Era divertentissimo sfidare alcuni di loro, ricordo che i più grandicelli venivano nel tardo pomeriggio (dopo che avevano finito di lavorare magari al mercato rionale coi genitori) ed era routine sfidare qualcuno di noi.

C’era una ragazza, di cui per ora non ricordo il nome (poverina, calva) che sapeva giocare quasi meglio di molti ragazzi.

E’ li che imparai certe giocate velocissime. Passaggi e retropassaggi utili semplicemente a scavalcare la linea o, addirittura, segnare dal portiere (a quanto pare, anche se non è scientificamente provato, la posizione delle braccia tende a privilegiare – durante la difesa – delle posizioni ben precise che lasciano alcuni spazi sempre aperti).

Loro erano autentici mostri, io imparai quel che basta. 🙂

E’ stato bello, non toccavo un biliardino probabilmente da quel periodo (6 anni fa) e in effetti ogni giocata era un riscoprire certi movimenti di cui non ho più la stessa sicurezza di un tempo.

E’ stupendo come una semplice partita con alcuni amici possa trasformarsi in flashback così belli. 🙂

Emanuele

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