Scouting come pedagogia.

I sistemi educativi stanno rapidamente riconoscendo il principio che il modo migliore per riuscire nell’educazione è di procedere dal punto di vista dell’allievo anziché da quello del maestro, cosicché il ragazzo sia interessato e impari da sé. L’educazione autentica ha luogo grazie al desiderio profondo dell’allievo di imparare a fare, non grazie all’applicazione dall’esterno di istruzione dogmatica e teorica.

Tratto da: “Taccuino” di Baden Powell

Perché lui cento anni fa immaginava già un processo istruttivo fatto sull’esempio pratico più che teorico?

Perché riuscì a farlo diventare un metodo che funziona tanto che i gruppi sono sempre strapieni di ragazzi (e il problema sono il numero dei capi o le dimensioni dei locali…) mentre le scuole sono piene di ragazzi che scapperebbero pure dalla finestra di un quinto piano?

Perché la riforma della scuola non tenta di spingersi verso qualcosa di coraggioso invece di preoccuparsi di far diventare processabile penalmente una minaccia (a fin di bene!) di un’insegnante?

Perché si fa finta di non vedere? Perché si preferisce continuare a pensare che la scuola debba essere un sistema rigido in cui le parti interagiscono con distacco?

Nello scoutismo, pedagogicamente, si parla di “fratello più grande” che da l’esempio.

Perché a scuola si continua col classismo che, è ormai assodato (in qualsiasi ambiente), non fa altro che dividere invece di unire?

A me di come chiamano i giudizi (nomi, numeri, lettere) importa poco. Mi importa di più che il Maestro torni ad essere un Magister vitae.

Emanuele

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Ingegnere. Si divide tra lavoro, bicicletta, monociclo e volontariato. Vive in una casa con un ciliegio insieme ad una moglie, tre bimbe e otto pesciolini che non lo aiutano a tenere in ordine.

4 commenti » Scrivi un commento

  1. …il problema è anche il lavoro del maestro/insegnate/professore.

    Un tempo lo si faceva con passione e dedizione, e l’unico fine era quello di educare e prepare il bambino/ragazzo alla vita e al lavoro.

    Ora insegnare è tirare mezzogiorno per andare a far la spesa nel pomeriggio :timid:

  2. Anche questo è vero, ma questo in fin dei conti lo si può generalizzare anche a tantissimi altri settori. Vedi il medico che quel giuramento di Ippocrate lo fa giusto per convenzione, vedi quel farmacista che non cerca di consigliarti cosa prendere, vedi quel poliziotto che di giorno lavora e di notte va a fumarsi le canne.
    Il ruolo del maestro è fondamentale. I bambini a quell’età imparano anche dall’esempio, dall’atteggiamento… un maestro disinteressato sicuramente non insegnerà mai più di uno (anche meno colto) che però lavora con passione.
    C’è da chiedersi il perché…
    Ciao,
    Emanuele

  3. adoro il mio lavoro ed adoro stare con i bambini… mi piace essere come loro, imparare da loro, giocare con loro e scoprire con loro cose nuove… mi piace anche essere da esempio per loro (spero di riuscirci :-?)… mi piace essere tutto quello di cui loro hanno bisogno nel momento in cui ne hanno necessità.. compagna di giochi, mamma quando hanno bisogno di consolazione, ed anche maestra quando devo fargli capire che sbagliano…Baden Powell aveva visto giusto prospettando un’educazione che prende in considerazione il punto di vista del bambino… sperimento che non è semplice lavorare in questo modo, perchè in effetti un pò di fatica si sente… ma tutto scompare davanti alle emozioni delle loro scoperte, alla gioia delle conquiste ed al loro stupore… ogni loro sorriso, ogni loro abbraccio, mi ripaga della fatica di tutti i giorni…

  4. Non che voglia sminuire l’impegno e la passione con cui svolgi il tuo lavoro, però sono convinto che lavorare con i bambini piccoli sia più “semplice e motivante” rispetto agli adolescenti che… *non dipendono più dalle tue labbra*, non hanno voglia di ascoltarti e fanno perdere – facilmente – l’interesse nel donargli qualcosa.
    I bambini regalano gratificazioni perché… basta un sorriso per ripagarti dalle fatiche. I ragazzi più grandi spesso riservano solo offese e quindi bisogna avere il doppio della pazienza e del carisma per arrivare a loro.
    Il problema è che questo sistema (rapporto insegnante-studente) nasce e cresce già deviato alle scuole elementari, quando le maestre si sentono semplici impiegate e vedono i ragazzi come semplici “clienti” a cui somministrare il pane quotidiano.
    Ciao,
    Emanuele

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