I prezzi dei cd e le tasse italiane

Ho appena effettuato un ordine (insieme ad una decina di amici) su Nierle, è il secondo che faccio (il primo oltre un anno fa) e… speriamo che fili tutto per il verso giusto.

Certo che la differenza di prezzo tra i cd\dvd venduti in Italia e quelli all’estero è impressionante.

Facendo un velocissimo confronto, 100 cd in Italia vengono oltre 60 euro (63 euro una colonnina di cd su CHL, noto negozio online) contro i 17,99 euro richiesti da Nierle.

Perchè tutto questo? Per chi non lo sapesse, il problema non è da attribuirsi a costi di importazione o fabbricazione… bensì, ad una tassa, emanata nel 2003 dal Consiglio dei Ministri… (uhm… chi era a governo…?! ;-)). Si tratta del decreto legislativo n. 68 del 9/4/03, “Attuazione della direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione”. Questa tassa, impone un dazio di oltre 23 centesimi di euro per un cd ed 87 centesimi per un dvd… ecco perchè quest’ultimi difficilmente verranno venduti in Italia ad un prezzo inferiore all’euro per pezzo (sempre su CHL, un dvd di marca sconosciuta viene offerto a 2,80 euro; con 7 euro e 49 su Nierle te ne danno 25 di marca). Da considerare inoltre l’iva, che per l’utente finale rincara la tassa di un altro 20%.

Quali sono i motivi? La legge emanata, in teoria, cerca di proteggere il diritto d’autore, sempre meno rispettato in quest’epoca fatta di digitalizzazione, peer-to-peer e condivisione… in pratica però, fa di tutta l’erba un fascio. Per cercare di contrastare le perdite (ipotizzate eh!) dallo scambio di musica/film via internet, i nostri cari ministri hanno pensato bene di… multare tutti quanti. Anche coloro che magari non sanno neanche cosa sia un mp3.
La tassa agisce infatti su qualunque supporto digitale (hard disk, flash memory, cd, dvd… ma anche dvhs!), ed in questo modo praticamente, ogni supporto digitale in Italia costa più caro che all’estero. Ecco spiegato perchè le penne usb o le memorie per le fotocamere o i lettori mp3, solitamente, costano più care che altrove. Una penna usb da 1gb costa, in un negozio, almeno 7 euro in più per via della tassa anti-pirateria.
A pensar male si fa peccato, ma ogni tanto ci si azzecca… e così, non è difficile immaginare che questa tassa, invece, faccia piacere a tanti nostri politici con le mani molto a fondo nel mondo della discografia italiana.

Perchè è sbagliato? Come si può intuire, una tassa simile è errata in quanto chi utilizza quei supporti per uso personale (e dunque non deve pagare alcuna royalty a nessuno) pagherà ugualmente. Chi decide di masterizzare su un cd le foto delle sue vacanze estive oppure il lavoro che sta svolgendo, pagherà ugualmente. Chi riempirà il cd di documenti o chi inciderà un cd con le proprie canzoni strimpellate… pagherà ugualmente. La multa, viene pagata persino sui cd bruciati…
La legge risula inoltre incostituzionale rispetto gli articoli 3, 30, 23 in quanto vi è rispettivamente: una violazione del principio di eguaglianza, poichè è sottoposto a tassazione solo chi vende i propri prodotti all’interno del territorio, e non chi dall’estero vende in Italia; è prevista un’imposizione di prestazioni patrimoniali regolata da un decreto e non in base a una legge; assenza da parte del legislatore di principi e criteri direttivi per determinare i compensi.

Qual’è la situazione attuale? Secondo una normativa della Comunità Europea, questo genere di tasse erano contemplate finchè il DRM non fosse diventato d’uso comune. Ad oggi, tutti i prodotti musicali o video venduti legalmente contengono un sistema DRM (a volte anche fin troppo invasivo) e per questo andrebbe abolita. I produttori di CD hanno recentemente denunciato la SIAE in seguito ad alcuni aumenti di questa tassa. L’ASMI (Associazione Sistemi e Supporti Multimediali Italiana), che ha denunciato anch’essa la SIAE, sostiene che dall’introduzione della tassa, le vendite hanno subito un diminuizione del 40% eppure nulla sembra muoversi al momento. In attesa che i processi vadano avanti tutti noi (ma anche le imprese e… rasentando l’assurdo, le istituzioni) sono soggette a questa legge. A quanto pare (fortunatamente) per le imprese sembra sia possibile chiedere un rimborso per la tassa, non conosco però la procedura e comunque dubito che siano tante le aziende che si ricordano di questa possibilità…

Che fare dunque? Al momento, l’unica cosa da fare (danneggiando tra l’altro il mercato nazionale), è cercare di acquistare questi supporti all’estero. Esistono tante vie, e fortunatamente la rete in questo caso si rivela davvero preziosa. I negozi online (o i siti d’aste come eBay) offrono praticamente tutto ad un prezzo solitamente molto conveniente.

Personalmente, continuerò ad appoggiarmi a Nierle, un tempo il sito era solamente in tedesco… ad oggi, considerato il volume d’affari proveniente dall’italia, il sito è totalmente tradotto, hanno anche un dominio .it ed il supporto via e-mail è anche nella nostra lingua.

Banan ChiquitaAuguriamoci che qualcosa cambi, confidando nel nuovo governo. E’ davvero un peccato che l’Italia sappia sempre distinguersi dal resto d’europa con leggi così assurde. Mi viene in mente un particolare della legge Urbani (altra legge di cui si potrebbe parlar per ore…) che obbliga ad inserire un bollino su ogni sito contenente materiale protetto… e che tutt’ora dovrebbe sanzionare tutti coloro che non hanno applicato il bollino con una multa tra i 100 ed i 10.000 euro.

Italia paese delle banane? Speriamo almeno che sia Chiquita.

Emanuele aka P|xeL

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Ingegnere. Si divide tra lavoro, bicicletta, monociclo e volontariato. Vive in una casa con un ciliegio insieme ad una moglie, tre bimbe e otto pesciolini che non lo aiutano a tenere in ordine.

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