
Qualche domenica fa abbiamo organizzato una gita in giornata sul monte Pora. La neve era un mix di neve vera e di neve sparata dai cannoni.
Devo ammettere che guardando oltre l’euforia delle bambine son tornato a casa con un senso di amarezza non trascurabile.
Io son cresciuto in Sicilia, la neve l’ho vista poco, vissuta ancor meno. Ricordo però i miei primi anni a Milano, non troppo distanti nel tempo ma – per assurdo – ormai profondamente diversi dalla situazione meteorologica in cui viviamo. Sono al quattordicesimo inverno nel nord Italia e la nebbia assassina e la neve copiosa sono diventati fenomeni rari. Nell’hinterland milanese tra pochi anni non avrà più senso montare le gomme invernali sulle auto.
Sono andato via, dicevo, con l’amarezza e la consapevolezza che le mie figlie, da grandi, vedranno ancora meno neve.
Ogni tanto qualche amico mi invita a far frequentare un corso di scii alle bimbe ma gli sport invernali diventeranno sempre più qualcosa di elitario, raro e complesso. La neve fresca sarà poca, quella sparata sarà costosa. I punti in cui sarà sostenibile mantenere un impianto sciistico diventeranno sempre meno.
Ha senso in ogni caso ostinarsi a produrre qualcosa che non c’è più? Ha senso continuare a dare sussidi ad un settore destinato inevitabilmente a ridursi notevolmente?
Emanuele

Risposta? No. Ma lo sapevi già.