Carole Cadwalladr è la giornalista del The Observer che nel 2018 fece esplodere lo scandalo di Cambridge Analytica. E’ stata, per questo, candidata al premio Pulitzer. Facebook, dopo lo scoop, l’ha bannata a vita dal social network.
Da giornalista, la cosa che più la lascia senza parole, è l’impossibilità di investigare. Combattiamo contro una scatola nera in mano a dei privati. Capire come e quanto la Brexit sia sta influenzata da questi strumenti è difficile: non c’è più una fonte, un giornale da analizzare per capire meglio cosa possa esser stato raccontato.
Le tracce di un sistema capace di influenzare un popolo non rimangono alla storia.
Le nostre timeline sono personalizzate in maniera differente e la selezione di quei messaggi non è pubblica, non è investigabile. Facebook, ovviamente, si rifiuta di condividere tali informazioni: i dati che gestisce sono il valore stesso dell’azienda.
Quando in elezioni democratiche serratissime, si riesce a spostare l’ago della bilancia dell’1 o del 2% e quella percentuale rappresenta la differenza tra un si e un no, non si è cambiato la storia?
Pochi giorni fa, a proposito della nostra capacità di filtrare gli input esterni, è stato pubblicato uno studio titolato «Saresti in grado di accorgerti se le fake news abbiano modificato il tuo comportamento? Un esperimento sugli effetti della disinformazione sul nostro inconscio».
La risposta alla domanda – purtroppo – è no: le nostre armi interiori attuali non riescono ad eliminare del tutto gli effetti del mondo che ci viene mostrato.
Emanuele
Che mistero.
E’ un articolo interessante.
Voglio dirti grazie. Conosco il tuo blog da moltissimi anni. E’ sempre pieno di articoli scritti bene e con tematiche interessanti.
Scrivi proprio in modo molto piacevole e interessante.
ciao Emanuele