Sabato mattina mi son ritrovato, senza neanche averlo programmato, a giocare alcune ore con i bambini (prevalentemente sud-sahariani: Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio…) di un asilo del centro storico di Palermo. Ero andato lì per accompagnare dei ragazzi del mio gruppo scout e pianificare un po’ cosa avrebbero fatto e andare via ma per una serie di circostanze sono rimasto con loro.
Dirvi che mi son tornati in mente i due anni e mezzo passati a giocare con i bambini di un centro salesiano dedito alla prima accoglienza degli immigrati a pochi passi da quell’asilo è superfluo.
Quei bambini in braccio, quei pianti da consolare e quei sorrisi da amplificare – ogni volta – giocano brutti scherzi alla mia stabilità perché c’è una parte di me che sogna un futuro in qualche missione in Africa. C’è una parte di me che tutta questa tecnologia, tutta la precisione matematica dei miei studi, tutta l’asettica freddezza dei monitor, delle spie e dei mouse li sostituirebbe al volo con una vita diversa. Una vita magari con la barba un po’ più incolta, dove non è la camicia che indossi ciò che conta ma quanto riesci a dare al prossimo nell’arco delle 24 ore che distinguono un giorno dall’altro. Una vita in cui a far la differenza non è il benessere che acquisisci ma quello che riesci a procurare.
Ogni tanto penso che dopo la laurea vorrei avere il coraggio di lasciare tutto e partire. E’ una scelta complicata però… sia perché ogni porta varcata ne esclude un’altra, sia perché proprio nel momento in cui la società preme affinché un giovane si crei il proprio futuro, io avrei voglia di dedicarmi al futuro degli altri. Forse non è il momento giusto…
Quei bambini, quei piattini colorati e quei bavaglini da legare prima del pasto sono peggio di una arpìa.
Chissà quale sarà il mio posto in questa vita. Chissà quale ruolo giocherò, chissà quanto riuscirò a dare.
Preoccuparmi semplicemente del mio futuro non mi sembra abbastanza e son certo che non mi soddisferà mai.
Emanuele
questo è un bel post
Ho scritto oltre 3000 post bellissimi e tu te ne accorgi solo ora. Tzé. 😛
Ciao,
Emanuele
PS: tu non desideri 2 vite?
quando vedo un bel post lo dico, ho sempre fatto così 😛
2? ne vorrei 1000
Mille son troppe. Io sono confuso, da un lato “ammaliato” dalla vita moderna, un po’ attratto da ciò che credo sia il senso della vita…
Ciao,
Emanuele
sometimes mi ritrovo a pensare la stessa cosa che hai scritto. capisco perfettamente quello che intendi (sei proprio bravo ad esprimere quello che hai dentro)
chissà qual è il nostro posto nel mondo, chissà se qui sarà per sempre
ciao!
Come ne sei uscita fuori? Hai preso qualche strada? Hai deciso qualcosa? Oppure sei ancora nella fase in cui bisogna concludere un capitolo prima di poterne aprire un altro? E in tal caso, quale pensi di voler aprire…?
Ciao,
Emanuele
e poi… bisognerà chiudere il capitolo lavoro e andare in pensione, figli autonomi, e allora, l’Africa mi aspetterà? L’Africa forse è un luogo dello spirito, nel quale casa-soldi-carriera sono finalmente fuori, nel quale finalmente si può servire Dio e non mammona, e vivere come i gigli dei campi… Il sogno di un’altra vita, una via liberata dalle reti nelle quali ci siamo impigliati. Ma come uscirne se amiamo così tanto i figli e non vorremmo far loro mancare nulla?
Le tue riflessioni hanno il potere di cogliere punti nevralgici…
Quant’è vero ciò che hai scritto Carla. Il problema forse è che siamo coscienti di ciò che sarebbe giusto ma non abbiamo il coraggio di credere pienamente che sia una cosa realizzabile. Ogni momento della vita ha dei traguardi che ci allontaneranno dal nostro desiderio di *ritorno alle origini*. L’unica obiezione che faccio al tuo discorso è che il sacramento del matrimonio e l’educazione dei figli li vedo come impegni altrettanto nobili… ma io per ora non ho né l’uno, né l’altro.
Ciao,
Emanuele
E’ da due giorni che devo scrivere qualcosa per questo post e non trovo il tempo. Uff. Che vita.
Bisognerebbe permutarla.
Non ne sono uscita. Che dirti, alcuni ritengono che il mio peggior difetto sia quello di preoccuparmi troppo degli altri e poco del mio di benessere. Tante volte mi sono chiesta se davvero non sia così, ma in fondo non credo. Credo che questo sia un gran pregio, invece, e da quanto leggo tra i tuoi vari post, credo che anche tu sia un po’ così e me ne rallegro. Io questa sono: ho i miei tempi, la mia vita,i miei hobby….e la sensazione di poter dare molto più di quanto faccia a chi ha bisogno.
Quale decisione-strada-capitolo prendo? Se me lo chiedi ti rispondo: la laurea, seguita un percorso tipo PIME per poter trascorrere un periodo in mezzo a bambini che chiedono solo un sorriso e una carezza. Non importa dove, c’è così tanto bisogno per il mondo! Certo l’Africa è un punto nevralgico di necessità.
Io ci credo nei sogni, anche quelli che sembrano irrealizzabili.
(adesso farai la conta di quante volte ho scritto “credo”, credo 😛 )
Mauro, in effetti son curioso di conoscere il tuo parere a riguardo… anche perché ti vedo molto simile a me in questo (mi sbaglio?!).
Elle, ma almeno la tua laurea riguarda quel settore? La mia è agli antipodi… sono due aspetti della vita belli ma è dura sceglierne di coltivare solo uno (anche perché non è come scegliere tra una maglietta verde e una gialla…). Comunque, in realtà, in media stat virtus, così bisogna trovare il giusto equilibrio per un semplice motivo che mi è stato fatto notare alcuni anni fa: la nostra vita, come quella degli altri, è un dono (di Dio) e così va coltivata e rispettata con la stessa attenzione. 🙂
Ciao,
Emanuele
PS: l’hai scritto solo 4 volte… non male. 😛 Piuttosto, è anche vero che l’Africa rappresenta in ognuno di noi il posto “per eccellenza” in cui dedicare la nostra vita agli altri, però spesso (anche con gli scout) riflettiamo sul fatto che il bene si può fare ovunque… e che anche le nostre città sono piene di situazioni di degrado in cui il nostro aiuto può essere importantissimo… il fatto è che l’Africa, in fin dei conti, è anche un paese distante e per certi versi, significa “allontanarsi da tutto”: tecnologia, società moderna etc etc…
mi preparo a diventare un’educatrice, e spero di riuscire ad esserne sempre all’altezza.
Concordo pienamente col tuo PS: non bisogna certo andare chissà dove per dare, anche perchè a volte guardando troppo lontano si perde quello che abbiamo sotto il naso (e in certi casi, qst non è un bene),ma è proprio il fatto di partire=allontanarsi che in qualche modo affascina…
Mannaggia, scrivendo non riesco ad esprimere bene il mio pensiero! (non che a voce probabilmente riuscirei meglio :-P)
No dai che t’ho capita benissimo: hai bisogno di una educatrice perché sei affascinata dal partire perdendo il naso chissà dove!
Era questo che volevi dire?! 😛
Ciao,
Emanuele
PS: scherzo, ho compreso e son d’accordo… 🙂 (e complimenti per il ruolo che avrai nella società!).
Credo che sia più facile (e probabilmente più bello) parlarne con una birra davanti una delle sere in cui tornerai a Milano…
Mauro… me lo auguro! Birra fredda, relax, tavolino, bei discorsi. Suona tipo una serata perfetta, speriamo arrivi!
A te buon viaggio però! 😉
Ciao,
Emanuele
[…] Non potevo appenderli al chiodo e quest’anno in cui il trasloco verso il nord non mi ha permesso di vivere in qualche associazione di volontariato, eccomi pronto, a poco più di un mese, a lanciarmi in un’esperienza che porterò nel cuore per i prossimi anni e che rappresenta la realizzazione di un (bi)sogno che da anni pulsa dentro me! […]