L’Ave Maria* di Schubert è una di quelle canzoni con le quali sarei in grado di piangere, abbracciando qualcuno, mentre i peli delle braccia si sollevano come un gatto con le fusa.
Chiudo gli occhi quando mi capita di ascoltarla e, in questo momento, tenendo gli occhi chiusi riesco a ballare in un mondo di ricordi.
Torno indietro nel tempo fino alla mia infanzia… perché è li che, per me, si nascondono le origini di questa canzone.
Conosco un frate cappuccino, uno di quelli che non disdegna il buon vino rosso e che accompagna da una vita il suo essere sacerdote ad una pancia identica a quella delle migliori rappresentazioni di Fra Tuck che la canta divinamente.
E così, con questo frate con la barba incolta e la pancia in bella evidenza immaginatevi di trovarvi in una di quelle chiese del tardo ottocento. Immaginatela alta, con una facciata abbastanza scarna dipinta di bianco, in mezzo alla campagna, con la città ancora relativamente distante e provate a vedere le famiglie nobili arrivare in carrozza con i signorotti che scendono per primi e si affrettano ad aiutar la dama mentre il resto del popolo arriva a piedi attirato da questa melodia.
Immaginate la Chiesa vuota, e un sole tipico dei primi di Maggio che batte sulla piazza e sul campanile.
Riesco a vedere la terra secca che si alza in una grande nuvola sollevata dagli zoccoli del cavallo e le gocce di bava che lasceranno il segno esatto della posizione della carrozza. Il vestito della dama striscia a terra, tracciando qui e li delle linee confuse mentre accanto si sommano le orme delle scarpe dell’accompagnatore.
Le cicale trasformano quell’aria afosa in un ronzio di sottofondo senza sosta.
La dama e il signorotto entrano in questa grande Chiesa e nel fresco di quella maestosa struttura, tra le note di un grande organo, si sente un frate, incurante della loro presenza, cantare…
E’ il suo modo di sentirsi in pace col mondo, di stabilire un equilibrio tra il suo essere pastore e la tristezza di un mondo che riconosce attratto verso altre strade.
Ave Maria! Jungfrau mild, (Ave Maria! Vergin del ciel)
Erhöre einer Jungfrau Flehen, (sovrana di grazie e madre pia)
Aus diesem Felsen starr und wild… (che accogli ognor la fervente preghiera…)
L’ho visto cantare ad occhi chiusi ed ho imparato ad ascoltarla come fa lui.
La Chiesa ormai è integrata nella città… ma mi piace immaginarla come doveva essere un tempo, perché quelle mura chissà quante volte avran cullato l’aria spinta dalle canne di quel vecchio organo…
Emanuele